Il culto di San Gennaro, il più noto fra gli oltre cinquanta Santi Patroni della città, ha origini antichissime, e fiorì a Napoli a partire dalla prima traslazione delle sue spoglie agli inizi del V secolo. Di notizie certe sul personaggio dal punto di vista storico ne esistono pochissime . Secondo il racconto degli Atti Bolognesi, Gennaro, giovane vescovo di Benevento, durante la Persecuzione di Diocleziano, fu arrestato a Miseno, sulla costa flegrea, dove si era recato in visita alle comunità locali insieme ad altri e, non avendo voluto rinnovare la fede in Cristo, fu condannato ad essere sbranato dagli orsi nell’anfiteatro di Pozzuoli. La pena sarebbe stata commutata poi nella decapitazione che venne eseguita il 19 settembre del 305 d.C. presso la solfatara di Pozzuoli. Gli atti dicono pure che in quel luogo sorse poi una chiesa in memoria del sacrificio, mentre il corpo del santo fu sepolto nell’Agro Marciano e in seguito, ad opera del vescovo di Napoli Giovanni I, traslato nelle catacombe napoletane che avrebbero prese il suo nome.
Secondo la fantasiosa ricostruzione degli Atti Vaticani riportata da Paolo Regio, canonico napoletano, nel suo libro Le vite de’ sette Santi Protettori di Napoli, edito nel 1579, sarà una pia donna cristiana a raccogliere in due ampolle il sangue del Martire che avrebbe poi consegnato al vescovo avendo saputo che questi si apprestava, nel 389, a dare definitivamente sepoltura alle spoglie mortali di Gennaro.
Nella sua storia di San Gennaro, Matilde Serao, ripercorre le tappe del peregrinaggio delle reliquie del santo . «Forse questo stesso vescovo, nel secolo V, staccò il capo dal busto di San Gennaro e lo portò nella Cattedrale Stefania. Ciò fece, certamente, perché si rendesse maggior onore al Santo, e, d’altra parte, questa traslazione parziale giovò a San Gennaro, perché evitò al suo capo i molti viaggi che poi il suo corpo dovette affrontare […] Con il capo pare che allora fossero anche trasportate le ampolle del sangue, sebbene non ciò non si legga in alcun documento. Tuttavia alcuni scrittori sostengono che queste ampolle si trovavano nel sepolcro delle catacombe e che il vescovo Giovanni I le tolse e le accompagnò al capo nelle traslazione alla Cattedrale» .
I veneratissimi resti di San Gennaro restarono nelle Catacombe di Capodimonte fino all’831, quando il duca longobardo Sicone, arrivato da Benevento per assediare la città, si impossessò nottetempo delle ossa del martire. Nella città sannita una nuova tomba fu approntata nella cattedrale di Santa Maria di Gerusalemme e per ben trecentoventicinque anni custodirà queste preziose reliquie.
Nel 1154 Guglielmo I il Malo, succeduto al trono di Sicilia al padre Ruggiero II, durante la guerra contro il papa Adriano IV, con il pretesto che la città era più esposta al pericolo di profanazione, convinse il pontefice a far traslare le sacre reliquie da Benevento all’abbazia di Montevergine, dove rimasero tre secoli e addirittura se ne perdettero le tracce.
Non così a Napoli, dove la presenza del cranio e del sangue del patrono nel Tesoro Vecchio della Cattedrale manteneva sempre vivo il culto ianuariano. Le ossa della testa erano state esposte per la prima volta alla pubblica venerazione nel 1305, quando fu terminato il prezioso busto-reliquario di argento dorato commissionato da Carlo II d’Angiò, pio sovrano francese di Napoli, a tre orafi francesi, Entienne Godefroyd, Guillaume de Verdelay e Milet d’Auxerre. Dal colore del volto santo, giallo per la patina d’oro con cui gli orafi coprirono l’argento, nacque il soprannome forse un po’ irriverente di “faccia gialla”. Al sangue pensò invece suo figlio Roberto che fece costruire una teca d’argento per custodire le due ampolline. Una di esse è vuota perché Carlo III, quando lasciò Napoli, a causa della irresistibile devozione che egli aveva per San Gennaro, gli fece portar via, nel suo paese, una parte del sangue di San Gennaro. E ogni anno, due volte, a maggio e a settembre, quando accade la mirabile liquefazione, a Napoli, in Spagna, nello stesso giorno, nella medesima ora, nella chiesa di Madrid il sangue di San Gennaro si liquefa.
E solo nel 1497, dopo circa seicentosettanta anni, i resti del patrono, ritrovati casualmente sotto l’altare maggiore del santuario verginiano, rientreranno a Napoli nella “sua” città, grazie all’impegno della potente famiglia Carafa che godeva dei favori della corte aragonese e che intendeva legare il proprio nome alla storia religiosa di Napoli. Il cardinale Oliviero, infatti era intervenuto presso il papa per il trasferimento delle spoglie, cosa che i monaci di Montevergine naturalmente osteggiavano, e per ospitarle aveva fatto costruire, al di sotto dell’altare maggiore della Cattedrale, un mausoleo d’eccezione in puro stile rinascimentale: la Cappella del Succorpo.
Il miracolo del sangue
Il miracolo del sangue
Il primo racconto del miracolo della liquefazione del sangue risale, però, al 17