Folklore in Campania

In un’epoca segnata da una rapida globalizzazione che ha preso il sopravvento, la presenza di numerose feste popolari, religiose e folcloristiche con l’adesione collettiva delle persone dimostra quanto invece siano ancora vive e vivide le tradizioni locali e quanto ci sia bisogno di riconoscersi nella propria storia.
A Napoli e in Campania, le usanze popolari e le tradizioni secolari costituiscono un luogo particolarmente privilegiato anche sotto l’aspetto culturale e religioso. L’uomo è chiamato ad uscire da se stesso e dal proprio monotono comportamento, che appiattisce e svilisce ogni azione umana, per aprirsi in maniera nuova all’esperienza del sacro, del divino, della fede e per esaltare spiritualmente il senso di appartenenza alla comunità. Festeggiare «insieme» aiuta a ritrovare i fondamenti ultimi della partecipazione comune alle vicende della storia, e spinge a riscoprire le ragioni dell’unità e del progresso di una comunità. In questo senso, la Festa con il compimento di azioni rituali quali danze, processioni, banchetti, sacrifici, giochi, gare, canti e l’eccezionale calore di vita che essa dona si libera dalla banalità. In altre parole, la Festa è un’esperienza di libertà, fa parte delle ricchezze più preziose della nostra umanità.
In molte feste popolari della Campania sopravvivono riti agrari antichi e ne sono esempi le litanie, processioni di carattere propiziatorie che si svolgono in primavera che come scrive l’antropologo napoletano Giovanni Tucci sono infatti le manifestazioni più eloquenti del pensiero popolare in ambito di tali credenze. Il ciclo delle feste segue il tempo ciclico delle stagioni che si susseguono e hanno un ritorno: inverni, primavere, estati, autunni, sempre uguali e diversi, cangiante sembianza di un universo naturale che non si disperde e non si consuma, e, per questo, unica forma del creato che permane e dura nel tempo, oltre il tempo.
L’ anno ha inizio con la celebrazione del pagano e gaudente Capodanno. Si prosegue con la festività Sant’Antonio Abate (17 gennaio), una festa popolare di fisionomia religiosa, che con l’accensione dei suoi enormi falò detti «cippi», in segno di purificazione. Questa Festa chiude il periodo natalizio e apre quello del Carnevale ricco di forme drammatiche connesse ai più antichi riti agresti di purificazione e di propiziazione. La vecchia, le maschere, i lanci di frutta e ortaggi, le danze che mimano battaglie, le predizioni. Tutto questo incarna la lotta fra il vecchio e il nuovo, rimanda ad angosce per la fertilità della terra.
Le giornate primaverili si intrecciano con i riti e le cerimonie religiose della Settimana Santa. Ecco la Quaresima, come digiuno d’amore, pianto espiazione, con le sfilate dei carri e le cupe e sfarzose processioni del Venerdì Santo, famosa e viva è quella di Acerra con i figuranti, in costumi tipici dell’epoca, che rappresentano la Passione e la Morte di Gesù. Il lutto delle chiese decorato da piante di grano bianche, germogliate al buio, e poi il trionfo degli alimenti colorati e grassi in vista del sabato trionfale, quando a mezzogiorno, si «scioglie la Gloria». E infine la Pasqua, col sacrificio dell’Agnello che si conclude il Lunedì in Albis con il pellegrinaggio al Santuario della Madonna dell’Arco, una frazione del comune di Sant’Anastasia, uno dei cuori della religiosità campana. All’evento partecipano tantissimi giovani «fujenti», detti anche «battenti», che sono i devoti della Vergine dal volto ferito: forse la più antica tra le Madonne che sanguinano.
Il Sabato di Pentecoste a Giugliano è la festa della Madonna della Pace, popolarmente detta la «Zingarella», con la tradizionale processione che va dalla Cappella dell’Epitaffio fino alla piazza Annunziata. Il momento più toccante della festa è il tradizionale «Volo dell’angelo» rappresentazione della scena del Vangelo di Luca in cui l’arcangelo Gabriele saluta la Maria come «piena di grazia».
Di particolare interesse nello svolgimento delle feste popolati sono i « carri» sacri e allegorici e i cosiddetti Gigli, grandi costruzioni di varie forme, che rievocano antiche offerte votive per eventi miracolosi attribuiti alla Madonna. Una delle feste tradizionali più celebri è quella che si svolge a Nola la domenica successiva al 22 giugno, giorno della morte di San Paolino e culmina nella “ballata dei Gigli e della Barca” quando nove imponenti macchine da Festa vengono trasportate a spalla da circa 120 uomini (la paranza) al ritmo di musica attraverso un percorso ultrasecolare. I Gigli, otto guglie lignee di notevole altezza e riccamente decorate in origine erano dei semplici fiori con cui i nolani omaggiavano il proprio Vescovo Paolino. La “Barca” invece è una macchina più piccola che riproduce l’imbarcazione con la quale il Santo fece ritorno dalla sua prigionia in Africa.
Il terzo sabato di Settembre si può assistere a Mirabella Eclano, in provincia di Avellino, al rito della «Tirata» del carro di grano tutto d’oro in onore della Madonna dell’Addolorata. La suggestiva e pittoresca festa è una feli¬ce sintesi di religiosità e folclore.
Infine, eccoci alla festa di Piedigrotta, la più caratteristica e felice festa del popolo napoletano che segna l’inizio della stagione autunnale. Settembre significava per il popolo napoletano che un altro anno stava per finire e urgeva festeggiarlo degnamente. Perciò la preparazione della manifestazione con il via alla costruzione e decorazione dei «carri», pazienti e sapienti lavori dell’artigianato partenopeo.
Accanto alle Feste, e strettamente intrecciate ad esse, ci sono poi le tante Tradizioni che affondano le proprie radici nei secoli. La prima di questa e forse più importante è l’emozionate avvenimento dello scioglimento del sangue di San Gennaro, santo patrono della città che durante la terza settimana di settembre e in particolare il 19 settembre prende vita.
Fa seguito l’antica tradizione del Presepe, il simbolo del Natale cristiano, una macchina teatrale che rivive e si rinnova ogni anno con un enorme dispiego di materiali e con la sterminata disposizione di caratteri forme e figure, presenti per tipi e serie sui banchi delle botteghe, come un’immensa città di terracotta, nello straordinario scenario di San Gregorio Armeno.
Le feste popolari e le celebrazioni religiose qui analizzate non vogliono costituire una semplice descrizione degli avvenimenti, ma accendere qualche luce sul come leggere gli avvenimenti della tradizione popolare, con l’intento di restituire ai protagonisti stessi la loro cultura e non un’opera documentaristica.

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