I poeti di Napoli

Mondo vario e articolato, quello dei poeti napoletani di inizio ‘900 che manifestano nelle loro liriche i più complessi stati d’animo. Il senso poetico dei napoletani non è fatto solamente d’amore; ma anche di profondi e complessi trasporti per la propria città, di facile ed efficace eco del dolore, della miseria, della sofferenza della condizione umana.
Salvatore Di Giacomo è stato il primo grande poeta e, soprattutto, l’autore dei migliori versi che si abbiano in dialetto napoletano. Di Giacomo sa essere realista nelle sue poesie che si legano direttamente alla sensibilità del mondo popolare; sa essere fantastico e contemplativo verso i grandi valori del bello, dell’amore e del piacere. Si coglie nell’opera digiacominiana la sua implicita, sofferenza di fronte alla dolorosa constatazione che l’amore è la vera fonte delle nostre amarezze e delle nostre afflizioni.
Altra singolare e complessa personalità, quella del coetaneo e rivale di Di Giacomo, Ferdinado Russo, un autore che, su versanti espressivi diversi, si trovò costantemente a confrontarsi con i temi, i volti e i luoghi presenti nella poesia digiacomiana. Fu, a differenza di Di Giacomo, un dialettale puro, autore cioè di componimenti il cui valore poetico trascende di poco il documento umano. Egli ha descritto e trascritto con fedeltà scrupolosa tutti gli aspetti, nessuno escluso, della plebe e della piccola borghesia di Napoli.
Un genio della poesia napoletana resta Vincenzo Russo, poco istruito ma delicato e lirico come non mai, morì giovanissimo e il destino rubò a questa città uno dei più sensibili poeti, un vero figlio che poteva cantare in versi ancora tutto il sentimento della sua gente. Si sorprendeva poeta di notte, quanto febbricinate per una grave malattia polmonare, veniva assalito da strani e fantasmagorici incubi che gli imponevano di fissare immediatamente sulla carta versi destinati alla celebrità.
Pasquale Cinquegrana è un maestro di scuola elementare che ha cominciato a cantare quando già sulla fronte biancheggiavano «paricchie file ’argiento». Verace interprete dell’anima napoletana supera, in fosforescenza di stile, in eloquenza di espressione, in sostanza di pensiero, in fascino di colore, in varietà d’immagini, in odore e sincerità di sentimento, tutti gli altri poeti della canzone paesana. É il canzoniere napoletano per eccellenza: il più genuino, il più geniale, il più vicino al nostro cuore. Non ha mai scritto e non scrive poemi, ma soltanto e sempre canzoni. Non di rado, contende il passo allo stesso Di Giacomo
Ecco la melanconia dolce e piccolo borghese di Ernesto Murolo, che non è soltanto un poeta impareggiabile del mare, bensì poeta pittorico, dalla meravigliosa tavolozza ove si amalgamano tutte le sfumature e dove toni e semitoni acquistano dolci risonanze : «Tutte culore e lluce erano ‘e nnuvole…». Ricorda Di Giacomo per la delicatezza dei ritmi dei suoi versi ma fa rivivere soprattutto atmosfera e sentimenti decisamente «oraziani» per la ricerca del godimento dei piaceri minuti di una vita che fugge giorno per giorno inesorabilmente.
Poeta malinconico e prolifico è Libero Bovio, i suoi versi cantabili sono già musica, il suo amore per Napoli già poesia, i suoi personaggi sono di una Napoli palpitante di umanità, una piccola borghesia che vive la sua vita di sempre tra vichi e piazzette dei quartieri più popolari della città. Grandissima la varietà di temi trattati: amore, gioia e dolore si alternano continuamente nelle sue liriche e nella sua vita.
E.A.Mario (Giovanni Ermete Gaeta) è un poeta poliedrico che riesce a conquistare un posto a sé nel mondo della poesia napoletana. La sua attività è stata vulcanica. La sua arte poetica fu fiamma e fuoco con un linguaggio nuovo, fresco genuino che traspare anche nelle sue più belle poesie. E’ l’autore della “Leggenda del Piave” che diventa in breve quasi in un secondo inno nazionale. Un poeta romantico ma solidamente ancorato alla realtà, crepuscolare come temperamento ma gioioso testimone di una stagione che sapeva sarebbe finita con il suo tempo.
Questa raccolta si conclude con un’onda di poesia nuova e con i sentimenti che essa esprime attraverso le liriche di Eduardo De Filippo.

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