La Tirata del carro di Mirabella Eclano

La festa del carro di Mirabella Eclano, in provincia di Avellino, si svolge ogni anno il terzo sabato di settembre e trae origine da una ritualità molto diffusa nelle abitudini votive e celebrative della civiltà contadina del diciottesimo secolo, andata sempre più evolvendosi fino ad essere ciò che essa è ai nostri giorni: una feli¬ce sintesi di religiosità e folklore cui fa da supporto una nobile tradizione artigianale.
Il culto ha origini antichissime: l’offerta rituale, a scopo propiziatorio, del grano appena falciato risale alle feste pagane dedicate a Cerere, divinità della vegetazione.
In base a testimonianze desumibili da pochi scritti d’epoca, la festa risalirebbe agli inizi del 1700. Già allora era annuale consuetudine dei contadini di Mirabella offrire alla Madonna dell’Addolorata una parte del grano appena mietuto. Più abbondante era il raccolto e più carichi i carretti che dalle varie contrade convergevano verso il centro abitato dove si svolgevano celebrazioni e festeggiamenti in onore della Madonna e alle cui spese si faceva fronte con il ricavato dalla vendita del grano offerto. Un poco per conferire maggiore solennità alla manifestazione del trasporto delle messi e un poco per emulazione campanilistica tra le contrade, col trascorrere del tempo subentrò l’abitudine di curare in qualche modo l’e¬stetica dei rudimentali carretti agricoli.
Da principio i modesti «obelischi», la cui altezza non superava i tre metri, venivano addobbati con spighe di grano intrecciate intorno ad un tronco sulla cui sommità svettavano immagini sacre, anch’esse abbozzate in paglia. Poi successivamente, dalle offerte di gruppi o di singole famiglie si passò ad una sola offerta collettiva e unificante, ed anche il «Carro» venne unificato, subendo le prime evoluzio¬ni artistiche che molto più tardi, verso gli anni ‘30 del diciannovesimo secolo, si compirono nel capolavoro artigianale che oggi l’obelisco rappresenta. Basti pensare, per farsene un’idea, che il «Carro» , di circa 20 metri quadrati, si compone di circa duemila pezzi, di cui ben settecento sono in paglia lavorata a mano, qualcosa come sessanta chilometri di piccoli steli tagliuzzati e intrecciati a meraviglia: masse forti, contrasti di luci ed ombre, aggraziati ritmi di piani e linee ed effetti ornamenta¬li che in mirabile contrasto di sovrapposizioni danno all’insieme strutturale un’immagine di slancio verso l’alto. Si è calcolato che occorrono quarantottomila ore lavorative, di mani competenti per ri¬fare l’intero rivestimento dell’obelisco.
L’obelisco è a sua volta sormontato da una statua della Madonna Addolorata, che proteggerà la popolazione, garantendo un inverno più clemente del precedente. Al motivo religioso del rito ed alla tradizione artigianale del «Carro» fa sfondo il folklore. Peraltro, se il sacrificio dei buoi (quattro paia scelti oculatamente nelle migliori fiere della zona) si esprime nella grande fatica del «tiro», senza la partecipazione del popolo non potrebbe compiersi il simbolico trasporto del «dono». Il carro, di circa 20 metri quadrati, è tenuto in equilibrio da quarantadue funi di canapa che si irradiano dalle pareti dell’obelisco per comporne e assicurarne l’equilibrio durante la «tirata». Ad ogni fune sono impegnate circa sessanta persone: oltre duemila, quindi, i protagonisti diretti di uno spettaco¬lo senza regia che riserva colpi di scena imprevedibili.
Nessun movimento deve sfuggire all’occhio vigile del «timoniere» dell’obelisco che dall’alto del suo posto sopra la struttura, dirige le manovre e vigila contemporaneamente sia sull’andamento dei buoi che sulla tensione delle funi. Così, in segno di devozione e di ringraziamento alla Madonna, attraverso le vie più impervie il carro viene portato in processione. E una folla di trentamila persone che grida, corre, applaude, si spaventa, si entusiasma, a seconda di come vanno le cose, a mano a mano che l’obelisco, metro dopo metro, guadagna le distanze che lo separano dalla collinetta di S. Caterina, dove viene montato, al centro della cittadina, accanto alla Chiesa dell’Addolorata e dove resterà esposto dopo la «grande tirata» per tutta la durata dei festeggiamenti.

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