Fujenti e battenti verso il Santuario

Fin dal mattino del Lunedì in Albis la processione avanza lentamente, interminabile, verso il santuario. Le paranze strutturate secondo una scala gerarchica estremamente funzionale, camminano allineate, uomini, donne e bambini vestiti di bianco, con una fascia trasversale azzurra o rossa lungo il torace. Molti portano delle scarpette bianche di tela; coloro che però hanno ricevuto grazie e privilegi dalla Madonna si incamminano a piedi scalzi, sotto il brillare del sole già forte in questo periodo dell’anno a Napoli. É rimasta immutata la tradizione di continuare a battere i piedi anche quando si è costretti a fermarsi davanti al santuario. Per questo motivo tali devoti vengono detti anche “battenti”. L’usanza è ricordata, in termini abbastanza drammatici, anche dal Dominici, che in un capitolo nel quale parla dei diversi modi con cui i fedeli sogliono onorare la Vergine dell’Arco ci parla di “molte confraternite et comunità di paesi molto lontani vengono processionalmente crudelmente battendosi, in tanto che, quando arrivano, d’ogni intorno piovono sangue, spettacolo veramente a vedere molto horribile” .
Quando il corteo si ferma in mezzo alla strada ed i portatori danzano con il loro fardello al ritmo delle orchestrine che li accompa¬gnano, si vedono alcuni dare segni di gran fatica, come se fossero sull’orlo dello svenimento; sono allora assistiti dai loro amici che li attorniano, e così continuano la loro marcia fino all’arrivo: la Basilica dove vanno finalmente a deporre il loro carico.
Qui, davanti al portale spalancato della chiesa, in vista dell’effigie della Madonna, essi compiono il cosiddetto «trase e iesce» (ossia «entra ed esci») caratterizzato da un particolare incedere in avanti e indietro che si ripete per tre volte sulla soglia del tempio. Dopo questa sorta di danza rituale la squadra riesce ad entrare nel santuario, il ritmo dei piedi diventa frenetico e quando i pellegrini sono tutti dentro la chiesa, il capo-paranza dà il segnale per la caduta e tutti gli uomini si buttano distesi per terra.
Il momento più spettacolare viene, però, dopo quando dentro la chiesa molti fedeli subiscono un particolare stato emotivo che può condurre a vere e proprie crisi isteriche mentre alcuni vanno in «trance». Non cadono svenuti, ma li si vede titubare in uno stato di collasso nervoso, accompagnato da tremende convulsioni, da urla, da atti e comportamenti che implicano frustrazione (lo strisciare per terra ai piedi dell’altare). Nella tradizione popolare si attribuisce ciò agli intenti «punitivi» della Madonna nei confronti di chi è venuto meno al voto fatto. All’altare i preti danno loro la benedizione, dopo di che subentrano i tutori dell’ordine che con fare minaccioso li sollevano di peso e li trascinano in una piccola infermeria allestita a destra della chiesa. Dopo una iniezione calmante, vanno a raggiungere i loro amici. E in questo modo si va avanti tutta la giornata, fino a tarda sera.
La Chiesa non apprezza molto queste manifestazioni, tanto che nel 1974 i vescovi della regione riuniti in un piccolo concilio hanno prospettato la possibilità di mettere fine a questa manifestazione annuale; ma i padri Domenicani che sono i padroni della basilica hanno quasi sfidato i vescovi ad andare loro stessi a spiegare al popolo la necessità di chiudere il santuario della Madonna, e così il pellegrinaggio continua. Ciò non significa che i domenicani stessi siano soddisfatti di quello che succede e dello spettacolo di queste “trance”; ma essi cercano di epurare conservando.
A questo proposito, nella basilica della Madonna si produce co¬me un ritorno del «rimosso» della Campania che è anche, più in generale, il rimosso d’Europa: i contadini e le culture popolari. Non si tratta per niente di un’antimessa, di un’aggregazione aperta: questi pellegrini sono cattolici e compiendo le loro devozioni un po’ pagane pensano d’essere nella vera religione cattolica. Non sono cattolici alla maniera dei neri africani e soprattutto afro-americani che vanno di volta in volta in chiesa o alla «macuba» senza contraddirsi veramente, ma restando in due contesti religiosi separati. Questi pellegrini di Napoli hanno integrato la “trance” al loro pellegrinaggio, ed hanno bisogno dello spazio simbolico ed emozionale del luogo di culto cattolico per andare in trance; non entrano in trance per strada, sul percorso della processione, ma pro¬prio in chiesa, lì dove però la trance è giudicata indesiderabile ed espulsa.
La regione di Napoli è l’inizio del mezzogiorno italiano e povero, del quale si compara l’economia e la vita sociale a quelle società del terzo mondo. Sono in queste società del terzo mondo che continuano a manifestarsi fenomeni di trance collettive o addirittura, come succede attualmente, a moltiplicarsi. La trance si accompagna spesso a queste domande popolari d’aiuto per le difficoltà della vita quotidiana, la malattia, la disoccupazione, le pene d’amore.
Alla base di questa trance ci sono queste miserie e difficoltà della vita di tutti i giorni, e a ciò si aggiunge la fatica della strada ed anche l’aspettativa collettiva di questa caduta, di que¬sta vertigine, forse la soddisfazione di godimento che vi si può trovare, o semplicemente la sensazione di perdere piede e di gira¬re come nelle giostre che si sono installate in quel giorno in un’ atmosfera di festa, vicino alla basilica.

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