Il miracolo del sangue

Il primo racconto del miracolo della liquefazione del sangue risale, però, al 17 agosto 1389. Napoli viveva uno dei periodi più drammatici della sua storia, la guerra civile tra fedelissimi del papa e seguaci dell’antipapa. Ladrocini, sequestri, scorrerie, esecuzioni spettacolari nelle piazze, terribili carestie che spingevano al saccheggio delle navi, erano cosa consueta nella Napoli durazzesca, guidata da una regina scomunicata e da un re bambino. I morti non si contavano e si profilava anche il rischio di un’epidemia: si decise di organizzare una grande processione di preghiera, durante la quale vennero condotte in strada anche le ampolline di san Gennaro. All’improvviso mormorii di meraviglia serpeggiavano tra la folla: il sangue si era liquefatto. Le ampolle furono esaminate e il sangue “nell’ampolla era liquido come se fosse uscito in quel giorno dal corpo del beato Gennaro”, scrisse un anonimo cronista dell’epoca. Questo racconto  contenuto nel volume Chronicon Siculum”  è la più antica testimonianza storica sulla liquefazione del sangue.
Da allora il miracolo si ripete solitamente due volte all’anno, in date fisse: il diciannove settembre, in cui si celebra con grande fasto, il ricordo dell’atroce e glorioso martirio del Santo, quando avviene il miracolo della liquefazione del sangue, e il sabato che precede la prima domenica di maggio, quando si ricordano le numerose traslazioni subite dalle reliquie di Gennaro attraverso i secoli. In quest’ultima ricorrenza primaverile, per antico costume, le ampolle e il busto ‒ che contiene le ossa del cranio di san Gennaro ‒ escono dalla Cappella del Tesoro e in una splendida ed emozionante processione percorrono le strade del centro antico della città, insieme a una folla di devoti in preghiera fino alla bellissima chiesa di Santa Chiara dove fra i canti di gloria il miracolo accade. Contemporaneamente allo scioglimento del sangue nel Duomo, nella chiesa di San Gennaro di Pozzuoli, si tinge di rosso la pietra sulla quale, secondo la tradizione, il Santo fu decapitato.
La Chiesa non si pronuncia sul fenomeno, alcuni scienziati lo dichiarano inspiegabile e altri lo contestano aspramente, ma quello che è certo è che nelle ampolle c’è del sangue. E per i napoletani, che aspettano con trepidazione l’evento, è un miracolo che affascina, inquieta, autentico crocevia tra fede e “colore” locale.
Ma non mancano liquefazioni “straordinarie”, in coincidenza di particolari avvenimenti come le visite dei sovrani alla Cappella del Tesoro. Tutti i re ed i nobiluomini che sostavano a Napoli usavano recarsi ad omaggiare le reliquie del patrono, un po’ per devozione e un po’ per ingraziarsi il popolo devoto. E gli illustri visitatori non si presentavano mai a mani vuote davanti a San Gennaro, ma gareggiavano nell’offrire i doni più preziosi. Anno dopo anno, il santo divenne “proprietario” di un tesoro di immenso valore composto di monili, gioielli, calici d’oro, statue d’argento: ben ventuno mila pezzi, custoditi per secoli nella cappella del patrono e ora in gran parte nei caveau di sicurezza del Banco di Napoli a causa dell’assenza di misure di sicurezza adeguate alla loro funzione pubblica.

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